Tre le sezioni di questo testo, in cui la prima si fa antefatto delle due successive: “Quel mio ritornare a te/da tutte le strade/per sottrarci da tanta morte”. Fra le pagine una mappatura dell’anima che è luogo e memoria − “Ti tengo/nell’entroterra dell’anima/in un respiro di due sillabe”, la vita come frattura in fiore su un muro: “la conseguenza del mattino/uno schianto in due tempi”, e ovunque il frammento dell’esperienza restituito in trama: “nulla sappiamo della mano/che ci regge il giorno/a tremare/fra la memoria e la sete”. C’è un tempo fatto di attimi che sono già ricordo: “faccio ogni cosa/per l’ultima volta”; il respiro scardinato dagli eventi e lo scontro e il confronto con la perdita che si fa crollo: “mi cade addosso /il cielo che fu”. L’esperienza è rimodulata in senso e suono. “Scrivo perché mi aiuta a respirare meglio. Perché ho nostalgia di tutti i momenti in cui mi sono sentita viva”. Così l’autrice conferma lo stile ormai riconoscibile e la cifra della sua ricerca poetica: la capacità di tradurre la quotidianità viva dei giorni restituendo profondità e consistenza alle parole comuni. Attraverso l’indagine lucida, l’essenzialità delle immagini, l’accuratezza dei suoni e la misura del verso, l’autrice riesce a fare delle occasioni della vita metafora assoluta: “di noi stessi erranti/è certo/il destino corroso”.