Narratore, commediografo, giornalista, sceneggiatore, critico cinematografico, Ercole Patti è stato uno scrittore poliedrico, già considerato un classico del Novecento. Luoghi dell’anima e metafora dell’universo, Catania e Roma, i due poli geografici del suo itinerario esistenziale e letterario, popolati da personaggi di accesa sensualità, ci restituiscono il variegato affresco di una stagione irripetibile, dagli anni venti a quelli del dopoguerra, del boom economico, della dolce vita, di cui è stato un protagonista di primo piano (con Brancati, Flaiano, Bartoli, De Feo, Cardarelli). Spaccato di un’intera epoca messo a fuoco grazie a un ricco materiale documentario e fotografico inedito. Dalla sua opera sono stati tratti film di successo (Un bellissimo novembre), mentre fino ad ora sconosciute, perché mai raccolte in volume, erano le cronache della sua lunga attività di critico cinematografico (per quasi un trentennio), inviato speciale ai festival di Cannes, Taormina, Venezia. Dai telefoni bianchi dell’epoca fascista al neorealismo, dal cinema d’autore, d’impegno civile, di polemica, d’inchiesta alla commedia all’italiana, ai gialli, ai vampiri, ai western-spaghetti, alla serie degli 007, ritroviamo i nomi dei maggiori registi, attori, sceneggiatori del tempo, indimenticabili o ingiustamente dimenticati. Con tono divertito, ironico, graffiante, Patti traccia ritratti eccentrici e gustosamente spietati, con una lente d’ingrandimento implacabile, di personaggi mitici di Hollywood come Liz Taylor e Richard Burton.
Ercole Patti (Catania, 1903 – Roma, 1976), dedicatosi al giornalismo fin da giovane, è stato inviato speciale e collaboratore di autorevoli testate (“Gazzetta del Popolo”, “Il Messaggero”, “La Stampa”, “Corriere della Sera”), narratore prolifico, assiduo critico cinematografico.
Il suo primo successo letterario risale alla raccolta di elzeviri Quartieri alti. Godibilissimi i numerosi suoi racconti, romanzi (Giovannino, Un bellissimo novembre, Diario siciliano, Roma amara e dolce), testi teatrali e radiofonici, qui raccolti per la prima volta, che possiedono, con Montale, “l’arte di farsi leggere”.