Filosofi in libertà è il clamoroso esordio (1958) di Umberto Eco nel campo, da lui stesso definito, della saggistica leggera. Un piccolo Bignami, si potrebbe dire, della storia della filosofia in forma di filastrocca, un genere assai familiare fin dall’infanzia di Eco, assiduo lettore del “Corriere dei Piccoli”. Ai testi si accompagnano talvolta delle argute, sapide vignette dell’autore, in armonia con il costume satirico espresso da testate come “Candido” e “Il Travaso”. Pubblicato in tiratura numerata di 500 copie, esce firmato con lo pseudonimo joyciano Dedalus, anche per il rischio di compromettere la carriera accademica del giovane Eco.
Questa nuova edizione è integrata dalla sezione Scrittori in libertà, dedicata a Proust, Joyce e Thomas Mann, tra i prediletti dell’autore.
Umberto Eco (Alessandria 1932 − Milano 2016), filosofo, medievista, semiologo, massmediologo, ha esordito nella narrativa nel 1980 con
Il nome della rosa (premio Strega 1981), seguito da
Il pendolo di Foucault (1988),
L’isola del giorno prima (1994),
Baudolino (2000),
La misteriosa fiamma della regina Loana (2004),
Il cimitero di Praga (2010) e
Numero zero (2015). Tra le sue numerose opere di saggistica (accademica e non) si ricordano:
Trattato di semiotica generale (1975),
I limiti dell’interpretazione (1990),
Kant e l’ornitorinco (1997),
Dall’albero al labirinto (2007),
Pape Satàn aleppe (2016) e
Il fascismo eterno (2018). Ha pubblicato i volumi illustrati
Storia della Bellezza (2004),
Storia della Bruttezza (2007),
Vertigine della lista (2009),
Storia delle terre e dei luoghi leggendari (2013) e
Sulle spalle dei giganti (2017).