Dall’autrice di Trieste – tradotto in numerose lingue e divenuto un caso internazionale – un romanzo luminoso e caleidoscopico, che compone, come in un collage mozzafiato, fatti realmente accaduti e storie di pura invenzione, parole e immagini. In un continuo sovrapporsi di istantanee, Leica format ci conduce nei mondi percorsi dai suoi protagonisti, a volte destinati a incrociarsi, a volte invece costretti a rimanere solo prossimi: una pianista che ha perso la memoria incontra uno sconosciuto che le rivela che la sua identità è soltanto una menzogna; un ospedale austriaco che conserva ancora segretamente gli esperimenti di eugenetica condotti sotto al Nazismo; una viaggiatrice che arriva in una cittadina e si avvicina, inconsapevolmente, al suo passato; un uomo sordo che sembra essere al centro di un’opera di Beckett.
Tra Fiume, Vienna, gli anni dell’Olocausto e quelli della fine della Jugoslavia, Daša Drndić ci fa dono di un’opera poetica ed errante, che – come la sua pagina, graficamente mossa, vitale – accende la narrazione di salti e fughe, di segreti nascosti nel cuore di altri, oscillando tra i temi della memoria e della perdita, prendendo in prestito qualcosa da ogni grande tradizione letteraria (da Pessoa a Calvino, da Sebald a Eliot, da Bernhard a Baudelaire), per tessere un racconto sull’amore e sull’inesausta indagine della vita e della Storia, fra le domande più difficili da porsi e le risposte impossibili da trovare.