Alessandro Peregalli nasce a Milano nel 1923 da famiglia borghese, sopraffatta durante la sua adolescenza da avversità economiche. Durante la guerra, nel 1943, viene internato in Svizzera per quasi due anni. Tornato a Milano, città che non lascerà più, sposa Joan Allen-Tuska, sua compagna e sodale per tutta la vita, protagonista silenziosa del lavoro poetico e delle sue fotografie. Inizia a lavorare in banca, dove resterà fino al 1980, facendo una carriera modesta. Nel 1955 pubblica da Guanda un primo libro di poesie, L’Altopiano. Frequenta le figure più notevoli del suo tempo, tra cui Montale, Quasimodo, Solmi, Mattioli, Mongiardino, Lalla Romano, Vigevani, Pontiggia e Draghi, ma non si lega a nessun circolo letterario o critico. Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70 scatta fotografie a soggetto domestico e familiare con una Rolleiflex. Dagli anni ’60 comincia un lavoro analitico che lo porterà negli ultimi anni della sua vita a costituire un cenacolo di matrice junghiana. Nel 1976 esce da Guanda una seconda raccolta di poesie, La Cronaca, poema bancario, in cui una giornata in banca riflette il mondo contemporaneo in chiave lirica e ironico-grottesca. Varie riviste, quali “L’almanacco dello specchio”, “Paragone”, “I quaderni della crisi”, “Letteratura” pubblicano le sue poesie. Appassionato di Joyce, traduce dall’Ulisse e da Finnegans Wake. La morte della madre e una folgorazione amorosa lo conducono a una nuova età poetica da cui scaturiscono le raccolte Il Cammino e L’Anima, che resteranno inedite fino alla sua morte nel 1991. Saranno raccolte da Pontiggia in un trittico, insieme al poema bancario, nel volume La Cronaca, poema 1939-1982, pubblicato nel 2003 dal Saggiatore.