Un giornalista giovane e spiantato entra in un carcere per incontrare una detenuta. Gli si pone davanti una prorompente figura di donna, labbra carnose, corpo colmo, occhi che rivelano abissi. Di lei ha letto sui quotidiani, è stato un caso che ha fatto parlare e che adesso sta per spegnersi, ingoiato da altri clamori. Il giornalista ha subito pensato che la sua storia andasse raccontata e ora che se la trova lì, ferina, impastata di dialetto, dolore e femminilità, capisce di non essersi sbagliato. Eccola, è lei. Cetti Curfino. Ma chi è questa donna? Qual è la storia che l’ha portata in carcere? E soprattutto, sarà in grado di rivelarsi, di confessare a lui – Andrea Coriano, giornalista alle prime armi – la propria vita, i percorsi oscuri che l’hanno condotta fin lì? Non ha molte armi professionali in tasca, Andrea Coriano, e nemmeno molti strumenti di seduzione, in verità. Al più, può sfoderare con una certa autoironia le proprie difficoltà. La vita con zia Miriam ad esempio, agguerrita sostituta di sua madre, morta nel darlo alla luce. O narrare le sue corse in macchina per portarla in giro con il suo festoso gruppo di amiche di mezza età, vedove ringalluzzite dalla gioia di godersi la stagione del tramonto. La voce di Cetti, però non gli dà tregua. Vibrante nel suo italiano imperfetto, sembra salire da profondità nascoste della terra di Sicilia.