Un’indagine della guardia di finanza austriaca, che ha coinvolto molti importanti scrittori e artisti, diviene l’occasione per Elfriede Jelinek di guardare indietro nel tempo e stilare un bilancio della sua vita e del suo lunghissimo percorso di autrice di romanzi, saggi e teatro. Sono due, perlopiù, le strade di questo intimo quanto feroce memoir che ora si intrecciano, ora si separano, ora tornano a collidere: quella della sua famiglia ebraica – di cui Jelinek racconta qui per la prima volta –, della fuga dall’Austria durante l’incubo nazista, delle deportazioni e degli assassinii. E quella direttamente legata al caso finanziario, che vede l’autrice riflettere sui flussi globali dei capitali e di come, durante i decenni, questi si siano mossi e rinverditi spesso anche grazie ai beni ebraici espropriati durante il regime nazista e che mai sono ritornati nelle mani dei loro legittimi proprietari. Mentre, ed è paradossale, dopo la fine del secondo conflitto mondiale si è spesso provveduto a risarcire, senza esitazioni, molti personaggi legati al nazismo.
Tanto autobiografico quanto universale, tanto sarcastico quanto rabbioso, Dati personali è la resa dei conti in cui Jelinek affronta se stessa e il dramma della sua famiglia, ma anche una società che è sempre – ed è sempre stata – più interessata ai carnefici che alle vittime e che permette ai pochi miliardari del nostro pianeta di divenire ancora più ricchi. Critica sociale e aspetti privati si mescolano con un ritmo incalzante, trasformandosi in un’invettiva spietata che il premio Nobel austriaco rivolge a tutta la società moderna, andando alla ricerca di risposte a domande vecchie e nuove che da sempre accompagnano la sua esistenza ma che, in fin dei conti, riguardano anche tutti noi.