La storia di un incontro e di un legame, quello tra la protagonista e Pierre, un archeologo che diventa per lei una guida in un mondo di storie e simboli che tracciano la rotta di un viaggio dentro sé stessa. Uniti da un legame fortissimo e misterioso che trascende l’amicizia o l’amore, i due protagonisti sono come i due pavoni del mosaico della sala di Re Ruggero al Palazzo dei Normanni a Palermo che Pierre sceglie come loro simbolo: “uniti e pur divisi dalla coppa”, il segno di una comunione che annulla senza ridurre la distanza tra loro. Questo libro, definito da Luigi Baldacci “un grande romanzo simbolista”, ha vinto nel 1979 il Premio Mondello per la miglior opera prima, rivelando il talento narrativo di Fausta Garavini.
Fausta Garavini, studiosa di letteratura francese, ha insegnato presso l’Università di Firenze. È autrice della traduzione integrale dei
Saggi di Montaigne e di una vasta produzione critica. Dal 1972 è redattrice di “Paragone” e ha collaborato con altre riviste tra cui “Nuovi Argomenti” e “Littérature”. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui
Gli occhi dei pavoni (1979, Premio Mondello per la migliore opera prima),
Diletta Costanza (1996, finalista al Premio Viareggio),
In nome dell’Imperatore (2008, finalista al Premio Viareggio e al Premio Bagutta),
Diario delle solitudini (2011, Premio Vittorini),
Storie di donne (2012, finalista al Bagutta),
Le vite di Monsù Desiderio (2014, Premio Campiello – Selezione giuria dei letterati, Premio Manzoni per il romanzo storico). Per l’insieme della sua attività ha ricevuto il Premio Tarquinia – Cardarelli 2014. Con La nave di Teseo ha pubblicato
Il tappeto tunisino (2018) e curato i
Racconti ritrovati di Anna Banti (2017), per La Tartaruga ha tradotto
Memorie del conte di Gramont di Anthony Hamilton (2020).