Germania, 1929. Max, un architetto cresciuto alla scuola del Bauhaus, e Bettina, una bellissima e celebrata artista d’avanguardia allieva prediletta di Kandinskij, si incontrano a una festa. La loro attrazione è reciproca e immediata: innamorati l’uno dell’altro, e dell’arte che creano, approdano, grazie al loro talento, alle luci abbaglianti della Berlino degli anni trenta. Ma il paese è sulla soglia del baratro e l’inizio delle loro promettenti carriere viene presto offuscato dalla crescente forza del nazismo. Max è ebreo, Bettina tedesca, ma la sua arte viene considerata “degenerata” ora che anche i canoni estetici sono dettati dal partito. Quando Max viene arrestato, e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau, è solo il suo talento nel realizzare le squisite figure di porcellana, tanto amate dai nazisti, a frapporsi tra lui e la morte. Bettina non ha idea di dove sia stato portato, ma quando viene a conoscenza del suo destino, è determinata a salvarlo a qualunque costo. Nel 1993 la figlia di Bettina, Clara, poco dopo la scomparsa della madre, decide di intraprendere un lungo viaggio per scoprire la verità sulla propria identità e su chi veramente fosse suo padre, un segreto che Bettina le ha nascosto per tutta la vita.
Sarah Freethy, con un esordio letterario folgorante, ci consegna una storia struggente e toccante, che mette il lettore di fronte alla disarmante crudeltà di cui è capace l’essere umano, ma anche alla bellezza e all’amore che possono nascere persino nelle situazioni più terribili.