In questo volume è raccolta per la prima volta l’intera opera poetica di Carlo Invernizzi. Dall’inizio degli anni ’60 sino alla sua scomparsa nel 2018, la sua ricerca s’è fatta sempre più radicale, sino a trasformarsi in un vero e proprio “corpo a corpo” con l’impossibile. Le sue parole non descrivono, e neppure hanno mai voluto farsi mera testimonianza di uno stato d’animo; esse indicano piuttosto la lucida consapevolezza del fatto che ogni sforzo sarà vano, ma nello stesso tempo assolutamente necessario. Sì, perché la realtà è per lui tutta espressione di quella Natura Naturans che sta prima di ogni distinzione concettuale; prima, cioè, della divisione tra essere e nulla, ma anche di quella tra buono e cattivo, tra bello e brutto. Ed è appunto a tale Natura Naturans, ossia all’“infondo senza fondo” di ogni esistenza singolare, che Invernizzi si decide a prestare la propria parola; mostrandosi perfettamente consapevole del fatto che, a prender forma, non può che essere un linguaggio risolutamente indifferente a qualsiasi esigenza comunicativa. Un linguaggio inaudito, fatto di parole destinate a diventare esse medesime “impercettibili nientità”, generate dall’inedita consapevolezza che proprio di quel che non si può dire si deve continuare, indefessi, a parlare. Perciò il suo è un linguaggio che finisce per farsi rigorosa “metafisica”; non lontana, forse, da quella che Hugo von Hofmannsthal avrebbe voluto consegnare ad una ancora inedita “lingua delle cose mute”.