Attraverso l’appassionante vicenda di Antonio Salvotti, il giudice trentino che si trovò giovanissimo a istruire a Venezia e a Milano i processi contro i più famosi “eroi” dell’indipendenza italiana, questo romanzo ripercorre, in parte rovesciandola, tutta
la storia del nostro Risorgimento.
“Il mio esaminatore fu Salvotti in persona, tipo dell’inquisitore del secolo decimonono, alto, bello, dignitoso, con viso espressivo, voce penetrante, occhi di fuoco, fare da gentiluomo. Mi avrebbe cavato dal petto ogni mio segreto (se ne avessi avuto) durante le sei eterne ore del costituto a cui mi sottopose […] dopo dunque questo interrogatorio nel quale non tacqui né le mie antipatie tedesche, né le mie aspirazioni italiane, Salvotti mi accomiatò dicendo: Torni tranquillo a casa, tenga per sé le sue aspirazioni. La legge non punisce i sentimenti degli uomini onesti’.”
Tullio Dandolo, Ricordi
Fausta Garavini, studiosa di letteratura francese, ha insegnato presso l’Università di Firenze. È autrice della traduzione integrale dei
Saggi di Montaigne e di una vasta produzione critica. Dal 1972 è redattrice di “Paragone” e ha collaborato con altre riviste tra cui “Nuovi Argomenti” e “Littérature”. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui
Gli occhi dei pavoni (1979, Premio Mondello per la migliore opera prima),
Diletta Costanza (1996, finalista al Premio Viareggio),
In nome dell’Imperatore (2008, finalista al Premio Viareggio e al Premio Bagutta),
Diario delle solitudini (2011, Premio Vittorini),
Storie di donne (2012, finalista al Bagutta),
Le vite di Monsù Desiderio (2014, Premio Campiello – Selezione giuria dei letterati, Premio Manzoni per il romanzo storico). Per l’insieme della sua attività ha ricevuto il Premio Tarquinia – Cardarelli 2014. Con La nave di Teseo ha pubblicato
Il tappeto tunisino (2018) e curato i
Racconti ritrovati di Anna Banti (2017), per La Tartaruga ha tradotto
Memorie del conte di Gramont di Anthony Hamilton (2020).