I saggi presentati in questo libro interrogano gli intrecci, impenetrabili e sfuggenti, tra il diritto e il cinema, il teatro, la letteratura e si raccolgono intorno all’idea del carattere di formatività dell’intera esperienza umana. Tutta la vita umana è produzione di forme. Ogni operazione dell’uomo – nel campo della morale, nel puro pensiero, nell’opera d’arte – è figurativa nel senso che implica sempre anche un formare: un “fare che, mentre fa, inventa il modo di fare.” È lungo questa strada che, nel rilevare nessi, corrispondenze, ambiti di raccordo, si possono registrare somiglianze tra la tecnica narrativa del monologo interiore e le nuove scoperte nel campo della psicologia; intercettare nel cinema di un’intera generazione alcuni indirizzi della filosofia esistenzialista; si può rintracciare il pensiero di Santi Romano tra le pagine del Giorno della civetta; rinvenire la nozione odierna di post-verità in un’opera di Henrik Ibsen; ragionare – dal punto di vista della sociologia o della teoria generale del diritto – sul fenomeno delle trattative tra gli ordinamenti illegali e lo Stato narrato in una serie televisiva. Nell’itinerario proposto in questo libro, si affaccia l’idea che il metodo interdisciplinare rifletta ed esprima il bisogno del ritorno ad un punto d’origine. È quel luogo, implicito e prescientifico, dal quale tutte le tecniche, le conoscenze, le pratiche dell’uomo scaturiscono, propagandosi in più direzioni.