Uno sceneggiatore di Tangeri che soffre gravemente di insonnia scopre che per poter finalmente dormire deve uccidere qualcuno. Incomincia da sua madre.
Sembra assurdo, anzi è assurdo – è sempre stato un uomo onesto, rispettoso, gentile – ma solo uccidendo, come in un gioco surreale, guadagna dei punti-sonno.
Per minimizzare il problema, decide di limitarsi a persone già in fin di vita; la sfida è riuscire a essere lì, al loro capezzale, un attimo prima che spirino da sé.
Il protagonista dà così il via a imprese rocambolesche per infilarsi nelle camere di ospedale: si finge infermiere, figlio, parente… è disposto a tutto, pur di essere lì al momento giusto. Quando però si trova a uccidere un vecchio torturatore del regime di Hassan II, il “gioco” ai suoi occhi acquista un nuovo significato: sa di aver fatto giustizia e quella morte gli procura mesi di pace notturna. Più è rilevante la vittima, più ne guadagna il suo sonno.
Lo sceneggiatore, capace di commettere crimini dalla perfezione cinematografica, prende dunque a misurarsi con prede sempre più grosse, in una spirale inquietante di bisogno e violenza. Riuscirà a vincere una volta per tutte l’insonnia? Non ne è affatto sicuro, può bastare un solo errore nella messinscena per far precipitare tutto.