La vita di Max Glickman è una delle tante luminose esistenze iniziate nei prosperi anni cinquanta, in un rassicurante sobborgo di Manchester. I suoi impegni più gravosi? Osservare la madre impegnata in accese partite di kalooki, un gioco di carte simile al ramino, da cui riesce a staccarsi solo per santificare le feste. Oppure guardare alle pareti le foto degli eroi della boxe amati dal padre, un pugile fallito che soffre di epistassi, comunista fervente e ateo, incapace di accettare un Dio che lo ha tradito così malamente. Ma sulla giovinezza dorata di Max si affacciano le ombre della storia: i campi di sterminio, l’odio razziale e le deportazioni perseguitano la sua immaginazione come crimini che non si possono perdonare. Ossessionato dalla sua identità, Max cerca conforto prima nel matrimonio e poi scrivendo un’ambiziosa storia a fumetti del popolo ebraico appropriatamente intitolata Cinquemila anni di amarezza. Tutto invano. Soltanto quando ritrova il suo vecchio amico Manny Washinsky, appena uscito di prigione, Max comincia a riannodare insieme a lui i fili del passato, tra amori impossibili e segreti di famiglia tenuti nascosti troppo a lungo.