Presentata per la prima volta integralmente in questo volume curato da Andrea Cortellessa, l’opera poetica di Giorgio de Chirico intrattiene con la sua produzione pittorica un dialogo stringente e fecondo, la cui lettura è imprescindibile per comprendere appieno il pensiero del pictor optimus.
Questi testi, concepiti nell’arco di più di trent’anni tra il 1911 e il 1942 e molti dei quali fino ad oggi inediti, esprimono la libertà artistica dell’autore a partire dalla forma varia in cui appaiono, tra liriche in versi e componimenti in prosa nell’alternanza di lingua italiana e francese, che qui leggiamo nella traduzione di Valerio Magrelli.
Il sodalizio con Apollinaire, il rapporto con i miti classici e il pensiero di Nietzsche e Schopenhauer, i rapporti ostili con la critica del tempo: in queste pagine prende la parola il mondo silenzioso di Giorgio de Chirico, scoprendone la voce suadente e misteriosa.
“Il viaggio nel tempo di de Chirico – dovremo ricordarcene sempre – si svolge attraverso la pittura, certo; ma, anche, attraverso la poesia. Il ‘meccanismo del pensiero’ di de Chirico trova la sua prima e più straordinaria formulazione in una sfrenata, spettacolare indeterminazione discorsiva nella quale la scrittura si fa di volta in volta, e insieme, saggio autobiografia e, appunto, lirica: senza alcuna distinzione fra versi e prosa.”
Dall’introduzione di Andrea Cortellessa
Giorgio de Chirico (1888-1978) nasce a Volos, in Grecia, da genitori italiani. Frequenta il Politecnico di Atene e l’Accademia di Belle Arti di Monaco. Nel 1910 si trasferisce a Firenze con la madre e il fratello Andrea, alias Alberto Savinio. Qui, in piazza Santa Croce, ha la sua rivelazione e realizza i primi dipinti metafisici. Si sposta in seguito a Parigi dove, ispirato dall’architettura torinese e dalla filosofia di Nietzsche, sviluppa il tema delle piazze d’Italia. Nel 1912 espone al Salon d’Automne e viene notato da Picasso e Apollinaire con il quale avvia una duratura amicizia. Nel 1914 inizia il ciclo di opere caratterizzato dai “manichini” e, nel maggio dell’anno seguente, arruolato nell’esercito italiano, viene inviato a Ferrara. Qui dipinge i primi interni metafisici e realizza le sue opere più note:
Il grande metafisico, Ettore e Andromaca, Il trovatore e
Le muse inquietanti. A Roma, dove si trasferisce nel 1919, ha luogo la sua prima mostra personale alla Casa d’Arte Bragaglia. Alla fine del 1925 si stabilisce nuovamente a Parigi. I protagonisti dei suoi dipinti sono ora gli archeologi, i cavalli in riva al mare, i trofei, i paesaggi nella stanza, i mobili nella valle e i gladiatori. Nel 1929, les Éditions du Carrefour di Pierre Lévy pubblicano il suo romanzo
Hebdòmeros. Le peintre et son génie chez l’écrivain. Alla fine degli anni sessanta riprende i soggetti metafisici per trasporli in contesti gioiosi e pieni di colore: la Neometafisica. Si dedica inoltre alla litografia di opere fondamentali come
I promessi sposi, l’Apocalisse di San Giovanni e il suo stesso romanzo
Hebdòmeros e partecipa a grandi retrospettive in tutto il mondo.