Tra la fine di luglio e l’inizio di settembre del 2020, Giovanni Truppi ha caricato il suo pianoforte smontabile su un camper ed è partito per una manciata di concerti resi possibili dall’allentamento delle restrizioni dopo la prima ondata della pandemia.
Cercando di evitare le strade principali e tenendo il più possibile il mare a vista, Giovanni e i suoi due compagni di viaggio hanno percorso l’intero perimetro della costa italiana, dal confine con la Francia a quello con la Slovenia, immergendosi ogni giorno dentro un paesaggio impercettibile o in chiassoso mutamento. Dalle sponde contratte e burbere della Liguria, alla macchia assordante di cicale della Maremma toscana; dai litorali piatti e densi attorno Roma, alla costa del Cilento – quella dell’infanzia di Giovanni – e poi alla Calabria selvaggia, malinconica; da Taranto ad Ancona, superando gli uliveti infiniti della Puglia, la frugalità generosa e quieta dell’Abruzzo, i lidi romagnoli, fino alla curva geografica che rende il nostro mare una faccenda più orientale.
Tappa dopo tappa, la costa italiana si delinea come un lento e ineludibile film famigliare dentro le parole semplici ed essenziali con i gestori dei campeggi, i turisti locali, gli amici e i parenti rintracciati lungo il percorso, osservando lo sciamare dei ragazzini sui lungomari e le processioni di santi, gli anziani stretti davanti ai tramonti, i braccianti nei campi e nelle baracche nascoste, le piccole folle illanguidite dal caldo, con le infradito affondate dentro spiagge di tardo approdo e i chilometri addosso verso bagni limpidi e solitari.
Giovanni Truppi racconta un’Italia solo apparentemente minore e perfettamente contemporanea, risvegliando una memoria che ci raccoglie tutti, nelle generazioni di ogni estate, e ci sospinge verso il desiderio della prossima a venire.