Assaliti dalla notizia che Franco non sarebbe più stato con noi e presi da un senso di impotenza e rabbia, ci siamo chiesti che fare. Nulla si poteva fare, nulla c’era da fare, naturalmente. Questo numero di Pantagruel nasce in quelle ore e cela appena il senso di una cosmica impotenza, sotto le spoglie di un preteso omaggio. Omaggio di cui Franco non ha certo bisogno, e che serve – come ogni omaggio post mortem – più a chi lo fa che a chi ne è oggetto.
Pantagruel. Franco Battiato – secondo numero di una rivista aperiodica che fiorisce sulle radici di Panta – nasce in questo vortice, per tentare di stare nell’occhio del ciclone, in uno stato di calma apparente. Forse a questo servono i libri, a stare, per qualche istante, nell’occhio del ciclone, sottraendoci per qualche centimetro alla tempesta, che imperversa un poʼ più in là.
Abbiamo chiesto una testimonianza ad amici di Franco Battiato, ma anche a persone che Franco Battiato non lo hanno mai frequentato, cercando di uscire il più possibile dal mondo della musica, dove forse era più facile (ma non è detto) trovare riscontri. L’auspicio – almeno nelle intenzioni – era quello di cogliere in che punto, e come, l’arte di Franco Battiato avesse toccato la vita di un altro artista e, magari, l’avesse cambiata, per sempre. Così era nelle nostre intenzioni. Poi la vita si è occupata di tessere trame per sabotare le intenzioni, che in parte rimangono rispettate e in parte si arricchiscono, contraddicendosi. Ma una rivista vive anche di queste contraddizioni e, anzi, è giusto che le assecondi.”
[Dall’introduzione di Elisabetta Sgarbi e Eugenio Lio]