A fianco della sua estesa carriera di critico, saggista, poeta e drammaturgo, l’opera narrativa di Giuseppe Antonio Borgese si concentra in poco più di un decennio folgorante, dal 1921 al 1933, ma realizza esiti così sorprendenti da segnare in modo indelebile la storia letteraria del Novecento. Artefice della rinascita del romanzo – contro le prose eleganti dei circoli contemporanei, raccolti attorno alle riviste “La Voce” e “La Ronda” – Borgese narratore guarda al magistero di Verga e Tozzi ma dialoga già con Pirandello e D’Annunzio: nel suo romanzo d’esordio, Rubè, sovverte la figura dell’eroe in una vicenda che aiuta a comprendere, anche a distanza di anni, l’eterno fascismo italiano di cui parla Carlo Levi. I suoi personaggi preludono agli inetti e agli indifferenti che prenderanno forma, di lì a pochi anni, nelle pagine di Svevo, Moravia, Brancati e Piovene, e raccontano con precisione l’Italia tra le due guerre, sotto il giogo del ventennio che si afferma. Nei suoi racconti e novelle, Borgese prosegue l’implacabile ritratto di una nazione: sono “storie affollate da uomini e donne che appartengono alla borghesia, gelosi delle loro manie, prigionieri delle loro vite grigie tediose, desiderose di un lampo risolutorio, di una svolta decisiva… a un tratto però accade qualcosa, in queste esistenze si apre improvvisamente un varco: potrebbe cambiare tutto ma poi ogni cosa ritorna al suo posto”.
Per la prima volta raccolti in un unico volume, i romanzi e i racconti di Giuseppe Antonio Borgese sono la mappa letteraria per esplorare una delle figure più poliedriche del Novecento italiano, un intellettuale non allineato e una voce libera che continua a parlare al nostro tempo.