Se il cibo e la parola per venire alla luce e per morire utilizzano lo stesso canale, la stessa via, il medesimo apparato di fisicità, allora, per preservare la purezza che al parlato spetta, è necessario escludere qualsiasi contatto con il digerito. È la scelta del protagonista di questo romanzo, storia di un’ossessione dalle automatiche quanto imprevedibili conseguenze. Dall’ingestione di vocabolari e cavi telefonici incrostati di parole usurate, alla vaporizzazione del fosforo nel fiato per materializzare nell’aria un “ti amo” di qualche temporanea consistenza, si dipana un percorso inevitabile verso un’anoressia senza drammi e quasi gioiosa, verso un’essenzialità di verbo e di persona che conosce solo rigore e perseveranza. In una lingua che è insieme modernissima e antica, quella di un Cecco Angiolieri innamorato del surrealismo, Antonio Rezza scrive con Ti squamo non solo un romanzo unico, ma una vera avventura letteraria, un trionfo quasi romantico della parola, del suo lirismo, della sua incontrastabile forza.