Alcune delle frasi pronunciate dai nostri genitori quando siamo bambini o ragazzi ci colpiscono più di altre e lasciano segni importanti che, a volte, solo dopo anni riusciamo a comprendere. Il filosofo Marco Fortunato analizza tre frasi che “il padre” – suo padre – gli disse durante l’infanzia e che lui memorizzò indelebilmente, avendone colto subito, sia pure un po’ oscuramente, la grande importanza. Ora che anni di vita, letture e studio gli permettono di apprezzarne i significati in modo più chiaro, dedica un ampio commento a ognuna di queste frasi per evidenziarne la densità, enucleandone le molteplici valenze di ordine filosofico, esistenziale, etico, estetico e politico. Riconosce nella prima frase un riferimento alla sfera tematica del potere, nella seconda a quella dell’io, mentre la terza parla fondamentalmente di quell’“oggetto” alto e nobile che è la malinconia. L’analisi delle tre frasi si dipana e raggiunge le sue conclusioni intrattenendo un costante rapporto critico con diversi grandi autori, fra i quali Adorno, Benjamin, Heidegger, Leopardi, Rensi, Šestov, Simone Weil, Guardini, Cioran, Freud.
Un vibrante, colto e appassionato saggio che affronta il tema della natura nefasta del mondo, pervaso e dominato dalla triade forza/potere/violenza, esercitata dai singoli e dalle collettività, dalle istituzioni come dal sapere; ma considera anche la residua possibilità di introdurre in esso una nota di non conflittualità, di distensione e di mitezza, anche a costo di un ritiro spinto fin quasi alla sparizione.