Durante la guerra dei Balcani molti iugoslavi in fuga dalle violenze e dai nazionalismi raggiunsero, esuli, Berlino. Queste donne e questi uomini cercarono di preservare quello che restava della loro cultura e della loro identità, entrambe messe a repentaglio dalla dissoluzione della Iugoslavia e, al contempo, si trovarono a dubitare delle certezze con cui erano cresciuti dovendo fronteggiare un futuro nuovo e imprevisto.
Per chi, come l’autrice, era stato costretto alla fuga e alla precarietà dell’esilio il bene più importante divennero i ricordi. Ed è per questo che, partendo da una serie di fotografie tenute in una borsa di pelle in fondo a un armadio, Dubravka Ugreši´c ricostruisce la vita della madre. Mentre, parallelamente, racconta anche la sua storia, il suo presente e il suo passato, intrecciandola ad aneddoti di vita quotidiana, a suggestioni letterarie e a riflessioni sulla vita e la scrittura creando così un collage fatto di frammenti nitidi come fotografie che, insieme, danno vita a un quadro più grande. Un affresco storico del nostro continente tra gli orrori e le speranze del secolo passato e, al contempo, una riflessione sull’esilio e sulla scrittura come unica patria possibile.
“Attraversando i nazionalismi che portarono alla guerra e attuarono la ‘pulizia etnica’, alcuni scrittori dell’ex Iugoslavia abbandonarono il loro paese. Tra questi venne a trovarsi – ‘tra asilo ed esilio’ – Dubravka Ugreši´c. Non ha chiesto asilo politico a nessuno e considera da sempre l’esilio come una condizione naturale per chi scrive… Dopo il crollo del muro di Berlino, l’Europa orientale ha visto poche opere letterarie come quelle di Dubravka Ugreši´c. Pochi hanno avuto il coraggio di porre lo specchio davanti agli occhi della propria comunità o nazione.”
Dalla prefazione di Pedrag Matvejević