“Miss Highsmith è una crime novelist i cui libri possono essere riletti molte volte. Sono pochi gli autori di cui si può dire altrettanto. È una scrittrice che ha creato un proprio mondo – un mondo claustrofobico e irrazionale nel quale ogni volta entriamo con una sensazione di pericolo personale, con il capo mezzo girato all’indietro, persino con una certa riluttanza, giacché quelli che stiamo per sperimentare sono piaceri crudeli, finché, più o meno intorno al terzo capitolo, la frontiera si chiude alla nostre spalle, non possiamo ripiegare, e fino alla fine del racconto siamo destinati a vivere a contatto con un altro dei suoi tanti ricercati.
La tensione aumenta col fatto che non siamo mai sicuri se anche il peggiore di essi, come il talentuoso Mr. Ripley, riuscirà a cavarsela o se il relativamente innocente soffrirà come il pasticcione Walter sulla relativamente colpevole fuga insieme a Sydney Bartleby in Senza pietà. Questo è un mondo senza conclusioni morali. Non ha nulla in comune con il mondo eroico dei suoi simili, Hammett e Chandler, e i suoi investigatori (talvolta mostri di crudeltà, come l’americano Tenente Corby di Vicolo cieco, oppure i buffi personaggi razionali come l’inglese Ispettore Brockway) non hanno nulla in comune con il romantico e disincantato private eye che sempre, lo sappiamo, finisce per trionfare sul male e provvedere affinché giustizia sia fatta, anche a costo di spedire l’amante sulla sedia elettrica. Nulla più è sicuro quando abbiamo valicato questa frontiera. Non è il mondo come una volta credevamo di conoscerlo, ma per noi è paurosamente più reale dell’appartamento del vicino. Le azioni sono improvvise e improvvisate, e spesso le loro ragioni sono talmente inesplicabili che dobbiamo semplicemente accettarle sulla fiducia.”
Dalla prefazione di Graham Greene